La terapia psicologica e psicoterapeutica è stata da sempre stigmatizzata, etichettata negativamente; ci sono diversi modi di guardarla. A me piace osservarla con rispetto, con delicatezza, con pazienza e gentilezza, anche, osando, un tocco di sacralità. Perché è un viaggio, una rivelazione che le persone si permettono e si concedono. È un viaggio spesso difficile, scomodo e ci vuole coraggio per fidarsi e affidarsi all’altro, per rivelare le proprie parti di sé, talvolta dolorose. Per questo rispetto chi, coraggiosamente, decide di intraprenderlo questo viaggio, non perché desideroso di osservare le proprie parti doloranti, ma perché fiducioso nel cambiamento possibile.

La psicoterapia non è un manuale di ricette e pozioni magiche che risolvono con un incantesimo, la psicoterapia è magia nel momento in cui ci si mette in gioco, ci si lascia guidare consapevoli che solo rischiando di cadere si può restare in equilibri. È quel brivido che percorre il bambino che, in sella alla bicicletta, abbandona le sicurezze per mettersi in moto: quella paura consapevole di potersi godere la possibilità di imparare a correre, a sentire di potercela fare da solo e di sentire la forza delle proprie gambe e il vento che attraversa i capelli e tutto il corpo. Questa è la psicoterapia, concedersi di potersi far prendere per mano e lasciarsi accompagnare per poi godersi il proprio viaggio.